Manuel Belletti, album di figurine

Il diario del Giro d’Italia: Manuel Belletti (dodicesima tappa)

di Marco Pastonesi

Vicenza, giovedì 21 maggio 2015

Cento anni fa i bersaglieri-ciclisti. Oggi i corridori-postini. Che per “Libri in Giro” e la Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza scrivono una pagina del diario della corsa

Manuel Belletti (Southeast)

Imola (Bologna)-Vicenza di 190 km

Pronti, via, partiti a mille, come gli altri giorni, anche peggio. Ma anche il mio ginocchio stava come gli altri giorni, anche peggio. E dopo sessanta chilometri sotto la pioggia, rischiando la pelle, mi sono detto che non ne valesse la pena. A fatica, a malincuore, sono sceso dalla bicicletta e sono salito sull’ammiraglia.

Avevo battuto il ginocchio nella tappa di San Giorgio del Sannio: quando mancavano venti chilometri all’arrivo, mi sono alzato sui pedali, poi ho preso una buca, è caduta la catena, ed è lì che, piombando a peso morto, ho battuto il ginocchio sulla pipa della bici. Ho cercato di curarmi con il ghiaccio e con speciali macchinari, ma il versamento è diventato borsite, la borsite è diventata infiammazione, l’infiammazione è diventata dolore. Mi era già capitato, ma stavolta in maniera diversa e più forte. La prima lastra effettuata alla Clinica mobile non ha evidenziato nulla, ma una successiva ecografia ha riscontrato una piccola frattura sulla punta della rotula. Lo specialista dell’ecografia mi ha detto di sospendere l’attività per trenta giorni, il mio fisioterapista, più ottimista, ha ridotto il periodo a venti giorni, io vorrei essere pronto per la partenza del Giro di Slovenia, il 18 giugno. Intanto, a casa, faccio la magnetoterapia.

E così ho dovuto abbandonare il Giro d’Italia. Questo era il quarto: due li ho conclusi, due no, e il totale delle vittorie rimane fermo a una, nel 2010, però proprio a casa, Cesenatico, anche se io sono di Gatteo a Mare. Stavolta ho collezionato due quarti posti: il primo a Castiglione della Pescaia, il secondo a Fiuggi. Nelle volate, quando non si vince, spesso c’è un piccolo dettaglio sfavorevole: la catena che salta, la fuga che arriva, un avversario che ti chiude alle transenne, un altro che si spegne invece di esplodere. Però, se solo avessi potuto, avrei barattato una mia vittoria con quella del mio amico Alan Marangoni. E’ successo a Forlì. Mi stavo preparando alla volata del gruppo, un possibile quinto posto, quando all’ultimo chilometro, su un maxischermo, ho visto Alan fuggiti dai fuggitivi e lanciato da solo al traguardo. Ero così felice per lui, che mi sono distratto e ho perso ruote e posizioni. Risultato finale: “Maranga” è stato ripreso e io non ho neanche partecipato allo sprint.

Arrivo: 1) Philippe Gilbert (Bmc) in 4.22’50”, 3) Alberto Contador (Tinkoff-Saxo) a 3”, Diego Ulissi (Lampre-Merida).

Classifica: 1) Alberto Contador (Tinkoff-Saxo), 2) Fabio Aru (Astana) a 17”, 3) Mikel Landa (Astana) a 55”.


Marco Bandiera, album di figurine

Il diario del Giro d’Italia: Marco Bandiera (quattordicesima tappa)

di Marco Pastonesi

Sabato 23 maggio 2015

Cento anni fa i bersaglieri-ciclisti. Oggi i corridori-postini. Che per “Libri in Giro” e la Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza scrivono una pagina del diario della corsa

Valdobbiadene (Treviso)

Questa è la mia terra. Sono nato a Castelfranco Veneto, abito a Maser, oggi si partiva da Treviso, a 20 chilometri da casa. E la mia è una terra di guerra e ciclismo, che a volte sono la stessa cosa, ed è una terra di lavoro e agricoltura, dunque anche di vini. Tant’è vero che si arrivava a Valdobbiadene.

Sessanta chilometri a cronometro non li avevo mai fatti in vita mia. Ero preoccupato: temevo di scoppiare. E c’era anche la pioggia. La prima parte piatta, quasi noiosa, la seconda mossa, fin troppo. Pronti, via, emozionato, perfino sorpreso. Anche se correvo in casa, la gente mi chiamava Tom. Non capivo. Finché mi sono accorto che la macchina che precede ciascun corridore portava il cartello con il nome di un altro corridore, un belga, credo. E non avevo neanche la macchina per l’assistenza: se avessi forato, sarei rimasto a piedi. Speravo che Oscar Gatto, il mio compagno di squadra partito tre minuti prima di me, mi aspettasse, così avremmo potuto condividere la stessa ammiraglia con le ruote di scorta. Invece lui è stato subito superato da un corridore, l’ha preso come punto di riferimento, e così è riuscito a fare un tempo migliore del mio. Io ho dovuto fare attenzione per l’asfalto viscido, così quell’ora e mezza è passata anche più velocemente di quanto immaginassi, poi ho trovato anche i miei amici e tifosi che m’incoraggiavano, e sono giunto al traguardo. Per la precisione, 168° – su 179 – a 10’29” da Kiryienka. Ma la crono non è la mia specialità.

La mia specialità, qui al Giro, sono i traguardi volanti e le fughe, specialità in cui non si può mai issare… bandiera bianca. In tutt’e due le classifiche sono al secondo posto. Se centro una fuga buona, magari nella tappa di Lugano o in quella di Verbania, potrei anche guadagnarmi il primo posto. Non è una questione di soldi o premi, ma soprattutto di soddisfazione e passione. Un anno fa ero salito sul podio di Milano, proprio per la classifica dei traguardi volanti. E mi erano venuti i brividi.

Treviso-Valdobbiadene (Treviso) di 59,4 km