Tandem di libri

  1. TANDEM DI LIBRIIl maestro e il discepolo di Marco Pastonesi

In comune avevano il nome: un diminutivo. In comune avevano i giornali: prima “La Gazzetta dello Sport” poi “la Repubblica”. In comune avevano le passioni: ciclismo calcio cucina, in questo ordine se fosse stato possibile pesare i battiti del cuore. In comune avevano perfino il modo di scrivere: mischiando, saltando, frullando, anche giocando, una palestra di ricordi e conoscenze, di cronache e saggi, di invenzioni e forse azzardi, anche se poi ognuno aveva il suo stile, così personale da non poter fare scuola, da non poter avere scolari. Si è detto Gianni Brera il maestro e Gianni Mura il discepolo, si è scritto Gianni Brera l’apripista e Gianni Mura l’erede, e per una volta tanto le etichette andavano bene a tutti e due.

Brera ha scritto molti più libri di Mura: in questa parsimonia, Mura ha preso di più da Mario Fossati, che di Brera era, quasi da coetaneo (tre anni di più per Brera), fratello, amico, collega, spalla. Forse perché Brera aveva un bisogno di scrivere libri più forte di quello che spingeva Mura, convinto a farlo quando si avvicinava ormai al traguardo, e più facilmente sotto forma di raccolta di pezzi e ritratti.

Per il nostro primo Tandem, due collezioni: “Incontri e invettive” di Brera (Longanesi, 1974) e “Il mondo di Gianni Mura” (la Repubblica, 2020). Qui Brera rimbalza da Rombo di Tuono (Gigi Riva) all’Abatino (da Livio Berruti a Gianni Rivera, anche se il primo della storia era Giorgio Albani, ciclismo), dall’intervista in latino al fondista finlandese Paavo Nurmi al canto funebre per la Locomotiva Umana (“Learco Guerra fu l’ultima espressione del ciclismo popolare e un po’ ciabattone, che ingrommava di polvere e sudore i suoi eroi”). E qui Mura ospita non solo Pantani e Armstrong, ma anche Guccini e Tenco, Mariangela Melato e la Parigi di Maigret. Mura era grande anche nelle interviste. Lasciava parlare, raccontare, sfogare. Non aveva mai problemi ad attaccare un pezzo, né a chiuderlo. Esempio di chiusa, pagina 22: “E allora, perché oggi uno non sceglie il tennis, il golf, la pallavolo? ‘Per passione’, rispondono i ciclisti. Passione ha la stessa radice di patire e patire è un po’ morire. Questo non spiega tutto ma molte cose sì”.

2. TANDEM DI LIBRI – Il diavolo e il Pio di Marco Pastonesi

“Diavolo rosso, dimentica la strada / vieni qui con noi a bere un’aranciata / contro luce tutto il tempo se ne va” e “Sono seduto in cima a un paracarro / e sto pensando agli affari miei, / tra una moto e l’altra c’è un gran silenzio / che descriverti non saprei. / Quanta strada nei miei sandali, / quanta ne avrà fatta Bartali”.

Paolo Conte è uno degli anelli di congiunzione fra Giovanni Gerbi e Gino Bartali. Il Diavolo Rosso è citato, contemplato, narrato in tutte le ricerche sul ciclismo pionieristico ed eroico, ma l’unica monografia è “Le imprese del Diavolo Rosso” di Giampiero Petrucci e Carlo Fontanelli (Geo Edizioni, 2000). Dall’esordio (nella Torino-Rivoli e ritorno, del 1900: sesto, e aveva 15 anni) all’addio (nel Giro del Monferrato, nel 1941: primo, e di anni ne aveva 56), così avventuroso, così letterario, così novecentesco nei suoi stratagemmi, nei suoi trucchi, nelle sue scorrettezze. Era lui quello che, alla fine della vittoriosa Coppa XX Settembre nella Roma-Napoli-Roma, conclusa con un pedale rotto e sospinto dai propri tifosi, sarebbe rimasto a letto 24 ore di fila prima di potersi rimettere in piedi.

Invece su Bartali la produzione editoriale è seconda solo – neanche a dirlo – a quella su Coppi. I fratelli canadesi Aili e Andres McConnon in “La strada del coraggio” (66thand2nd, 2013) ricostruiscono la vita di Gino il corridore, Gino lo scalatore, Gino il vincitore di tre Giri d’Italia e di due Tour de France (nessuno è ancora riuscito nell’impresa di vincerne uno a distanza di 10 anni dall’altro), Gino il duellante, Gino il pio, Gino il messaggero di pace, Gino il salvatore di centinaia di ebrei. Gino che, solo per questo, mentiva alla moglie: “Non aspettarmi questa sera. Vado ad allenarmi qualche giorno”, “Se viene qualcuno a cercarmi, soprattutto di notte, di’ che ho avuto un’emergenza”. Gino fino alla fine: “La vita è come un Giro d’Italia che sembra non finire mai, ma a un certo momento arriva l’ultima tappa. E magari non te l’aspetti. Io, adesso, comincio ad aspettarla”, “Il paradiso deve essere un luogo felice, come quegli altipiani verdi che ci sono sulle Dolomiti, dopo aver fatto cento tornanti, tutti sui pedali”.

3. TANDEM DI LIBRITutta mia la città di Marco Pastonesi

Un libro che si apre, si apre, si apre, si apre. Un libro che si apre quattro volte fino a raggiungere una pagina di due metri. Poi si gira. E si riapre altre quattro volte fino a raggiungere la pagina retrostante di due metri. Totale: un libro di due pagine e quattro metri. E’ l’artistico “Bicycle” di Ugo Gattoni, illustratore parigino, che ispirato dalle Olimpiadi di Londra nel 2012 ha disegnato la sua città – densa, mobile, pulita – di biciclette in bianco e nero. Bici sulle strade e sui tetti, bici nelle case e nei negozi, bici che sgommano e che inchiodano, bici che fuggono e che inseguono, bici che respirano e che ansimano, bici in acqua e in cielo, bici in spiaggia e sul molo, bici in corsa e a spasso, bici sul Tower Bridge e in Regent Street, bici per acrobazie e da montagna, monocicli e triplette. Pubblicato da Nobrow Press nel 2012, costa 18 sterline.

E’ la città il punto di contatto fra “Bicycle” e “Sogni all’alba del ciclista urbano”, è la città il senso di questo Tandem. Qui, a Porto Alegre, c’è un biker che misura e si misura, che olia le articolazioni e riscalda i muscoli, che salta le aiuole e attraversa le corsie, che ondeggia sul telaio e slitta sulle gomme, che si butta a terra e si rizza in piedi, che rischia e raschia, che non può turbarsi davanti alle ferite e non può tradirsi con altri mezzi, che vive le case come percorsi fatti di scale e rampe, angoli e marciapiedi. Daniel Galera, brasiliano, ha scritto un romanzo di formazione e di sofferenza, una storia di brividi e di sangue, un clima di elettricità e violenza. Edito da Mondadori nel 2006, costa 17 euro.

4. TANDEM DI LIBRI – LASSU’ QUALCUNO LI AMA di Marco Pastonesi

Si incrociarono tallonandosi, affiancandosi, superandosi. Si affrontarono misurandosi, pesandosi, studiandosi. Si rispettarono temendosi, attaccandosi, staccandosi.

Bahamontes e Massignan, l’Aquila di Toledo e Gambasecca, Martin e Imerio. Lo spagnolo e il vicentino, il primo spagnolo vincitore del Tour de France e il primo italiano a vincere una tappa del Tour de France con il vento che aveva portato via lo striscione dell’arrivo, il preferito di Coppi e quello a cui Coppi disse soltanto “vedremo”, un novantunenne ancora arzillo e brillante e un ottantatreenne ancora critico e polemico.

Erano due scalatori. Sconfiggevano la legge di gravità, aspiravano al dono della leggerezza, inseguivano la perfezione della solitudine. I loro palcoscenici erano, se possibile, verticali: Alpi e Pirenei, aria sottile, tempo infame, nella canicola o nella bufera, le mezze misure sono più da passisti e velocisti. Bahamontes sul Galibier, primo, alla grande, poi invece di lanciarsi in discesa, smette di pedalare, scende dalla bici, prende un gelato da uno spettatore, si siede su un muretto e aspetta che arrivi il gruppo. Impazzito? No, impaurito. Si è improvvisamente ricordato, Bahamontes, di una situazione simile, già vissuta in una corsa in Spagna, quando la sua discesa si conclude fuori strada, contro un cactus. Qui, di cactus non ce ne sono, ma di rocce sì. E Massignan sul Gavia, primo, alla grande, poi si lancia in discesa – ci sono sempre le discese a fregare gli scalatori – e fora una, due, tre volte, arriva al traguardo con la ruota a terra, secondo dietro a un altro scalatore, il lussemburghese Charly Gaul, che avrebbe dovuto lottare contro i fantasmi, che sono corridori inafferrabili, irraggiungibili, devianti.

Alasdair Fotheringham ha scritto “The Eagle of Toledo” (Aurum, 2012), la biografia di Bahamontes, e Marco Ballestracci “Imerio” (Instar, 2012), metà vita e metà romanzo su Massignan. Stessa natura di scalatori, stessa urgenza di autori, perfino stesso anno di pubblicazione: un gran bel Tandem.

5. TANDEM DI LIBRI – CICLOPELLEGRINAGGI di Marco Pastonesi

Gli unici veri viaggiatori, sosteneva Tiziano Terzani, sono i pellegrini: lasciavano la casa per cercare la verità. I cicloviaggiatori non sono soltanto viandanti pedalatori, ma anche esploratori dentro e fuori di sé, dunque almeno un po’ pellegrini. Come se quella strada che percorrono o quel sentiero che seguono o quell’argine che battono fossero anche strade sentimentali, sentieri interiori e argini esistenziali. Così, stavolta ciò che unisce “La Via Romea Strata in bicicletta” e “Metafora – piccola odissea moderna verso Itaca” è questo doppio viaggio a pedali.

La Romea Strata è un antico sistema di vie che dal nord-est dell’Italia portavano a Roma. Già documentati gli itinerari da Tarvisio, da Passo Monte Croce Carnico, da Miren e da Bassano del Grappa fino a Montagnana (volune 1) e da Passo Resia e dal Brennero fino a Montagnana (volume 2), stavolta Alberto Fiorin affronta la terza parte, quella appenninica, dalla veneta Montagnana alla toscana Fucecchio-San Miniato (374 km) con quattro possibili varianti (altri 114 km), e sostiene il cicloviaggiatore (o anche il cicloturista) con consigli, fotografie, descrizioni, mappe e altimetrie, box di apoprofondimenti storici, culturali e spirituali, altrimenti che guida sarebbe. Pubblicata da Ediciclo nel 2020, costa 16 euro.

La Charvensod-Itaca non è un ramo della via Francigena, né una strada consolare, neppure una ciclovia europea. E’ il cicloviaggio di Daniele Vallet dalla casa in Val d’Aosta fino all’isola nel Mar Jonio. Totale: 3500 km in 47 giorni senza inseguire primati temporali o spaziali, ma cercando di raggiungere traguardi personali e spirituali. In semplicità, in modestia, in economia. “Metafora”, spiega Vallet, in greco moderno significa movimento, spostare qualcosa da un luogo all’altro, e sostituzione di un termine proprio con uno figurato. Il primo significato sta nel pedalare, il secondo nel trasformare i pregiudizi in chilometri, le paure in conoscenze, i sogni in paesaggi. Pubblicato dalla Tipografia Valdostana-Musumeci editore nel 2020, costa 15 euro.

6. Tandem di libri COPPI E BARTALI

Coppi e Bartali. Anzi, Bartali e Coppi, in ordine non solo alfabetico ma anche cronologico. Dunque, Bartali e Coppi: la tesi e l’antitesi (forse in senso kantiano), il bianco e il nero (forse il bianco e nero di Gino e il bianco e nero e poi anche colori di Fausto), il cattolico e il comunista (non era vero), il pio e lo scandaloso (scandaloso sì, Coppi, ma non per colpa sua, oggi il suo scandalo – adulterio – farebbe ridere), il toscano e il piemontese (questo sì, anche se certe generalizzazioni, pur trattandosi di due generali, sono troppo generiche), il brontolone e il silenzioso (questo sì). Il dualismo più duellato nella storia del ciclismo, che spaccò quel mondo e quel popolo in modo manicheistico: o di qua o di là, o con o contro, anche se proprio loro due furono con all’inizio (nel 1940, compagni di squadra nella Legnano) e con alla fine (tra il 1959 e il 1960, Bartali direttore sportivo e Coppi ancora corridore nella San Pellegrino).

Per questo insuperabile tandem di uomini e campioni, anche un bel tandem di libri. La prima opera, “Coppi e Bartali”, è un pamphlet di Curzio Malaparte (Adelphi, 2009). L’autore di “La pelle” e “Kaputt” spiega tesi e antitesi, superbamente: “Quando Bartali è seduto o disteso è un atleta a riposo. Quando è seduto, immobile e in silenzio, Coppi è una macchina ferma. Quando si riposa, attorno a lui si respira un’atmosfera da fabbrica in sciopero o chiusa per ferie”. E ancora: “Se Bartali emana calore umano, Coppi comunica un sentimento di profonda solitudine”.

La seconda opera, “Coppi contro Bartali”, è un librone di Claudio Gregori (Diarkos, 2020). Da cronista, storico, inviato e cantore (gregoriano), pedala lungo decenni di storia italiana, lungo cornici di montagne alpine, lungo anfratti di archivi letterari: “Il Giro incarna il ‘Panta rhei’ di Eraclito. Tutto scorre. Scorrono gli abeti ai fianchi di Buzzati. Scorrono ruscelli sotto le ruote di Bartali. Scorrono i pensieri nella testa di Coppi. Scorrono gli uomini come palline colorate lungo la guida della strada”. E ancora: “Fausto si sta già misurando con quello che Gianni Brera chiamerà ‘The Body’, il Corpo. Giulia Occhini, una circe bella, seducente. Dotata di poteri magici. L’amore è un terremoto che trascina e sconvolge. Coppi non è fermato da Bartali, ma dal fruscio di una gonna”.