TUTTI AL MARE! Confini, Frammenti, Relazioni

Si può. Si può girare Roma in bicicletta, si può scoprire Roma in bicicletta, si può esplorare Roma in bicicletta, si può collegare il Parco dell'Appia Antica con l'Idroscalo di Ostia attraversando quartieri e percorrendo sentieri in bicicletta. L'associazione Ti con Zero e la Biblioteca della Bicicletta Lucos Cozza lo hanno fatto per la rassegna "Alla fine della città" e lo hanno documentato con tre filmati e alcuni collaboratori specializzati: un'artista (Fernanda Pessolano), un urbanista (Roberto Pallottini), un naturalista (Umberto Pessolano), una scrittrice (Carola Susani), un fotografo (Giovanni De Angelis)..., il tutto composto e montato dal videomaker Carlo Molinari. Risultato: altri punti di vista, scientifici e letterari, invitanti e contagiosi.

https://www.youtube.com/watch?v=8NZ5WVQA2Mk&t=24s


NEL SEGNO DI ALESSANDRO TAGLIOLINI

SABATO 10 NOVEMBRE – ITINERARIO A PIEDI

ore 10 – Quartiere Balduina              

NEL SEGNO DI ALESSANDRO TAGLIOLINI

Conducono Patrizia Hartman, attrice e Carlo Sassetti docente di restauro Accademia di Belle Arti di Carrara

Reportage fotografico in collaborazione con Pierfrancesco Giordano docente di fotografia dell’Accademia di L’Aquila e i suoi studenti

La prima di quattro esplorazioni urbane dedicata allo scultore, paesaggista e storico dei giardini. Un viaggio tra letteratura, arte e urbanistica alla ricerca di altorilievi, fontane e sculture presenti nei quartieri residenziali romani costruiti dagli anni Sessanta.  Letture da autori vari e scritti dell’artista.

Partenza: Stazione Roma Balduina treno urbano Roma Cesano

Arrivo: Pza Giovenale

Percorso: Km 5 circa-Durata 3 ore. per tutti

 

ALESSANDRO TAGLIOLINI (1931 – 2000)

La sua prolifica attività si è svolta in campo internazionale, la sua opera (monumenti, fontane, parchi e giardini ) si esplica nella costante ricerca del rapporto tra uomo e ambiente, da lui studiato anche sul piano teorico. Ha scritto numerose monografie e saggi, partecipando con enorme impegno nella salvaguardia del patrimonio italiano dei Parchi e Giardini. Ha ricevuto il Premio nazionale Ministero della Pubblica Istruzione per la Giovane Scultura Italiana e il Premio Pietro Porcinai per il progetto e la realizzazione del Giardino delle Terme di Sciacca.E’ stato membro del Comitato Nazionale per i Giardini Storici del Ministero dei Beni Culturali , vicepresidente del A.I.A.P.P.,  ha creato e diretto la rivista Architettura del Paesaggio e fondato l’Archivio Italiano dell'Arte dei Giardini, a S.Quirico d'Orcia e il Centro Studi Giardini Storici  e Contemporanei a Pietrasanta  

 

 


Quel maggio del '68 - Bocci, il sindacalista che guidò la 'rivolta dei gregari'

Era considerato il sessantottino del gruppo: "Negli ingaggi per i circuiti, ai campioni come Gimondi e Adorni fino a un milione a riunione, ai gregari come me 25mila lire. Troppa differenza". E il rimpianto per una tappa di cinquanta anni fa sfumata per una furbata

di MARCO PASTONESI

Eraldo Bocci era considerato il sindacalista, forse il rivoluzionario e, in quell'anno, il sessantottino. Il "Corriere dello sport" attribuì a lui "la rivolta dei gregari". Spiega: "Si faticava tanto, si guadagnava poco. Anche negli ingaggi per i circuiti. Ai campioni come Gimondi e Adorni fino a un milione a riunione, ai gregari come me 25mila lire. Troppa differenza. Se esistevano i capitani, era perché esistevano anche i gregari. Non era giusto".
Tutto cominciò con una radio: "Quella del Cral, Circolo ricreativo aziendale lavoratori. Era l'unica radio del paese, l'unica pubblica, l'unica per tutti. Lì, in un silenzio religioso, si ascoltava la radiocronaca della tappa del Giro d'Italia. Era la fine degli anni Quaranta, l'inizio degli anni Cinquanta. Era il tempo di Bartali e Coppi, poi di Magni e Fornara. Arlena di Castro, un centinaio di chilometri da Roma, ma al confine con la Toscana, era bartaliana. E bartaliano diventai anch'io. Invece mio padre teneva a tutti, a Bartali, a Coppi, al ciclismo".

Tutto esplose con una bicicletta: "Una Legnano, da corsa, regalo di mio padre. Avevo 16 anni. La nostra famiglia era di origini contadine, poi mio padre aprì un bar, e lì ci lavorò anche mia madre. Eravamo due fratelli e due sorelle, io il numero 2. Studiai fino alla terza media, avrei ricominciato più tardi, arrivai fino alla quarta ragioneria, venni bocciato alla maturità, e non ci riprovai più. Ormai c'era il ciclismo. Per quelli del Centro e del Sud, era molto più dura: bisognava andare più forte di quelli del Nord per dimostrare di non essere raccomandati o lavativi. Ce la feci. Quattro anni da professionista, dal 1967 al 1970, con Germanvox e Ferretti, tre Giri d'Italia e un Tour de France, passista veloce, nelle giornate buone mi difendevo anche in salita, doti da fondista, poco spazio nelle corse a tappe, di più in quelle in linea".

Tutto si fece strada a forza di pedali: "Quando aiutavo i capitani, da Taccone a Ritter, ero più di un gregario, ero un gregario di lusso, un luogotenente. Siccome non c'erano le telecamere mobili, ma solo quelle fisse, in salita i capitani si attaccavano ai pantaloncini dei gregari, era uno spettacolo triste. Siccome non c'erano i rifornimenti volanti, ci si tuffava nelle fontane, si assaltavano i bar, si rubavano le bibite, si urlava 'paga il padrone del Giro', e quante volte venivamo presi a scopate in testa dai baristi. E siccome eravamo corridori, si cercava anche di vincere. Ho vinto un'eliminazione in un tipo-pista a Terni e una velocità al Velodromo olimpico tra i corridori laziali. Ho fatto secondo a una Milano-Vignola e a un Giro del Lazio dietro a Gimondi".

Tutto sembra concentrarsi su un rimpianto: "Giro d'Italia del 1968, ventesima tappa, Roma-Rocca di Cambio, 215 chilometri. Traguardo volante a Rieti: 100mila lire in palio. Siccome Adorni e Taccone, il mio capitano, hanno litigato, ogni volta che uno di noi va in fuga, un corridore di Adorni viene a prenderci. Allora vado da Armani e gli chiedo il permesso. Scappiamo in tre: io, lo spagnolo Santamarina e lo svizzero Brand. Vinco la volata e, come d'accordo, io e Brand ci fermiamo, Santamarina no. Due volte gli vado sotto e gli ricordo che avremmo dovuto fermarci, quasi lo strattono, poi lo abbandono. Noi veniamo ripresi dal gruppo, Santamarina prosegue, guadagna fino a 10 minuti di vantaggio, quando il gruppo lo insegue è ormai troppo tardi, e vince con più di 6 minuti. Se avessi fatto il furbo, gli sarei rimasto a ruota e in volata lo avrei battuto. Pazienza, si vede che era destino".

Tutto finì in un taxi: "Smesso di correre, accettai la proposta di uno zio, tassista a Roma. Trentacinque anni di servizio. Portai Alberto Sordi e Vittorio Gassman, tre o quattro volte Marcello Mastroianni. Una volta salì sul mio taxi anche Gimondi. E due volte, attraverso altri tassisti, mi giunsero i saluti di Alfredo Martini, che era stato il mio direttore sportivo alla Ferretti e durante il Tour. Poi tornai al paesello. Ho la casetta, ho l'orticello, ho figli e nipoti, e ho una bicicletta. Due-tre orette il martedì e il giovedì, con Trapè, Sgarbozza e gli amici del gruppo ciclistico, più la domenica. Con le dovute cautele. Le salite, quando si può, le evitiamo: bastano e avanzano quelle fatte in gioventù".