cuor di pedalata

UN CUORE DI PEDALATA – Aspettando il Giro

Una bicicletta porta donne e uomini, nonni e nipoti. Una bicicletta porta corridori e turisti, viandanti e gitanti. Una bicicletta porta lavoratori e studenti, bambini e pensionati. Una bicicletta porta la spesa del mercato e gli strumenti del lavoro. La nostra bicicletta porta libri. Li porta dove di libri c'è mancanza, bisogno, esigenza e urgenza. Li porta perché i libri contengono le vite, le nostre vite, le vite di tutti,le vite di sempre.

In collaborazione con le Biblioteche di Roma, il Coordinamento Roma ciclabile e Istituto Comprensivo Pablo Neruda di Roma

“Aspettando il Giro”, voluto dalle Biblioteche di Roma e finanziato dalla Regione Lazio con la legge regionale 23 ottobre 2009, n. 26 - Avviso pubblico “La Cultura fa Sistema”

 

https://www.youtube.com/watch?v=K6N3ucEB-J4&feature=youtu.be


biblioteca della bicicletta - video rai tre TGR petrarco del 26 maggio

https://www.raiplay.it/video/2018/05/TGR-Petrarca-cd55f617-37be-4145-9a4e-0c3044f9a2c8.html

 


Quel maggio del '68. "Voglio una bici", e così Gigi Sgarbozza vinse una tappa al Giro

di MARCO PASTONESI

Da piccolo stufava tutti: "Voglio una bici, voglio una bici", ripeteva. Finché gli sportivi - gli amici del bar dello sport ad Amaseno, a metà strada tra Frosinone e Terracina - organizzarono una colletta, tirarono su una cifra, comprarono una Legnano e gliela regalarono, poi, sfiniti, gli dissero: "E adesso pedala". Così Luigi Sgarbozza detto Gigi o Gigetto si ritrovò al Giro d'Italia. Mestiere velocista anche se era alto la metà di Dino Zandegù e pesava la metà di Marino Basso, secondo anno da professionista e vittorie in carriera zero, aveva 23 anni e un sogno. Questo.

"Quattordicesima tappa, da Vittorio Veneto a Marina Romea, 194 chilometri, la fuga nata dopo 50-60, 17 corridori, nessuno di classifica, giornata di libertà per tutti, giornata di gloria per uno solo. Avevo un compagno di squadra, Guido Neri, ma lui non volle mettersi a mia disposizione, e io non volli mettermi a suo servizio, così ognuno fece la sua corsa. Mi guardai intorno, studiai la situazione, mi concentrai su un francese, Charly Grosskost, maglia della Bic, quell'anno secondo alla Milano-Sanremo e primo nel cronoprologo al Giro, puntai tutto su di lui e a qualche chilometro dall'arrivo m'incollai alla sua ruota. Ultimo chilometro, meno 800, meno 600. Senonché, a 400 metri dal traguardo, lui era sedicesimo e io diciassettesimo. Capii che non era la ruota giusta. Rimontai, li rimontai tutti, a uno a uno, l'ultimo fu un tedesco, Wilfried Peffgen, e vinsi".

Gigi sapeva che cosa fosse il ciclismo ancora prima di salire su una bici e attaccarsi il dorsale: "Perché sapevo che cosa fosse la fatica. Quinta elementare, poi cinque anni come fabbro. Lavoravo senza maschera, e la notte, per riprendermi, dormivo con due fette di patate sugli occhi. Intanto scuole serali ed esame di terza media. A 15 anni emigrai a Roma, a Cinecittà, da una zia. Trovai lavoro come tecnico idraulico. Sveglia alle 5, due ore di allenamento, alle 7 e mezzo in tram a lavorare in un cantiere ai Parioli. Finché trovai un impiego in uno studio cinematografico. Proiettavo anteprime per attori e attrici: Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Brigitte Bardot. Si finiva di notte, ma la notte era illuminata a giorno dai flash dei paparazzi".

Però c'era la bici, c'era il ciclismo, c'era il Giro d'Italia. "Nella Max Meyer, quella del barattolo rovesciato e il cane con il pennello in bocca, una squadra abbastanza forte, fatta di combattenti, che correvano alla garbaldina. Michelotto: serio, anche troppo. Neri: furbo, veloce. Durante: amico, dormivo con lui. Ballini: di classe, ma discontinuo. Galbo: pazzo, burlone. Cucchietti: l'ombra di Galbo, inseparabile. Fantinato: duro, forte. Stefanoni: un gigante buono... Direttore sportivo: Gastone Nencini, troppo bravo per vivere in questo mondo, ero suo tifoso quando correva, ero suo tifoso anche quando dirigeva. Si campava un po' con lo stipendio, poco più alto di quello di un operaio, un po' con i premi, che si dividevano fra tutti i compagni, un po' con la gloria, eravamo personaggi, giravano delle donne, a noi come ai giornalisti, era una cosa naturale, poi bisognava decidere se fare la vita del corridore o no. E si campava anche con qualche trucco. Uno lo avevo imparato da un collega, Giancarlo Polidori. In salita si lamentava, disperato: 'Mi è saltata la catena'. E gli spettatori, impietositi, lo spingevano".

Era il '68. "Ma noi corridori pensavamo a correre, chiusi nella nostra strada e nella nostra fatica. Però qualcosa si sentiva, si vedeva, si intuiva. E si ascoltava. Io avevo una passione per Adriano Celentano. Lo incontrammo ad Amatrice, stava girando il film 'Serafino', eravamo nello stesso albergo,

fu una fortuna. E poi Fabrizio De André. Poco tempo fa mi è stata rubata la macchina nel centro di Grottaferrata, dentro avevo tutti i cd di De André. Mi è dispiaciuto più per i cd che per la macchina. Quasi. Smisi di correre a 28 anni. Troppo presto. La Max Meyer squadra si era sciolta, ma era rimasta la società. Fui assunto come rappresentante. Avevo successo: i clienti mi riconoscevano e acquistavano vernici anche se non ne avevano bisogno"


Quel maggio del '68: quando Armani 'scoprì' Merckx

L'italiano ha sempre legato la sua vicenda a quella del Cannibale - sia da avversario che da compagno di squadra - a partire dai mondiali dilettanti a Sallanches nel 1964. Il tutto fino ad una tappa storia del Tour, quando giunsero al traguardo dopo 250 km di fuga

di MARCO PASTONESI

Luciano Armani fu il primo italiano a scoprire Eddy Merckx. A sue spese. E ne avrebbe fatto volentieri a meno. Mondiali dilettanti 1964, a Sallanches, in Francia. Due uomini al comando: loro due. Mancavano due chilometri al traguardo: Armani pensava di battere Merckx in volata, anzi, ne era quasi certo, ma alla volata neppure arrivarono, perché Merckx si sfilò Armani dalla ruota come se fosse un bambino e vinse, braccia al cielo. Sul palco, il giornalista francese Leon Zitrone intervistò Merckx pubblicamente, poi concluse scandendo nome e cognome, "Ed-dy-Merckx", e ammonendo gli spettatori: "Ricordatevi bene questo nome!".

"Me lo ricordavo bene quando, quattro anni dopo, Merckx fu ingaggiato nella mia squadra, la Faema, con la maglia di campione del mondo, stavolta dei professionisti. Il primo raduno, due settimane, a Cannitello, una frazione di Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria. La Faema era metà belga e metà italiana, metà corridori fiamminghi e metà corridori emiliani, noi ci allenavamo una volta al giorno, la mattina, loro due volte al giorno, la mattina e il pomeriggio. Quando il direttore sportivo, Vincenzo Giacotto, ci disse che avremmo dovuto fare come loro, Vittorio Adorni, il corridore più esperto e il capitano degli italiani, ci ordinò di seguire i belgi, di nascosto, il pomeriggio. I fiamminghi uscirono dall'albergo, fecero 5-6 chilometri in bici, poi si fermarono in un bar, si sedettero a un tavolo e ordinarono da bere. Adorni li minacciò: 'Faccio la spia'. 'No', lo pregò Merckx. 'Allora da adesso si fa come dico io', ribatté Adorni. E così fu".

La prima corsa del 1968 fu il Giro di Sardegna: "L'anno prima avevo vinto io e Merckx era arrivato secondo. 'Stavolta mi lasci vincere?', mi domandò Merckx, sorridendo. Infatti: primo Merckx, secondo io, e il grande regista era stato Adorni, terzo. Al Giro d'Italia eravamo tutti per Merckx. Io ebbi due giornate di libertà entrando in due fughe buone: la prima a Piacenza, nel finale si andava a scatti, persi l'attimo, sesto, e la seconda alle Tre Cime di Lavaredo, avevamo 10 minuti di vantaggio, mi ero risparmiato, poi Merckx venne a prenderci tutti, quinto. Giacotto mi sgridò: 'Ricordati che nella mia squadra chi va in fuga ha l'ordine di vincere'. Come se fosse facile, come se non ci avessi pensato e provato".

Armani che veniva da famiglia numerosa ("Dodici, tra genitori, zii e fratelli"), che aveva fatto le elementari ("Poi la quinta e la sesta, poi basta"), che si era innamorato della bicicletta da corsa ("Il regalo per la cresima"), che cominciò subito a lavorare ("Garzone a Felino in una salumeria di classe, in bici, due ceste, una davanti e l'altra dietro, per portare la spesa ai clienti ricchi"), che disputò la prima corsa a 18 anni ("Vincere era arrivare al traguardo"), che finalmente vinse ("La Torrechiara-Corniglio, cronocoppie"), che corse otto anni da professionista ("E rifarei tutto quello che ho fatto"). Armani che un giorno si sarebbe finalmente preso una solenne rivincita proprio su Merckx, da avversario: "Tour de France 1971, giorno di riposo, nello stesso albergo della squadra di Merckx. Noi ci eravamo sciolti i muscoli, loro si erano allenati a tutta per due ore e mezzo. Nell'androne Merckx imprecava, da solo, in fiammingo. Mi vide

e mi disse: 'Domani, se vuoi arrivare fra i primi, alla partenza sta' davanti'. C'era una discesa. Merckx e i suoi attaccarono, due spagnoli della Kas deragliarono, si scatenò la guerra, partì la fuga con Merckx, ci entrai anch'io, volammo i quasi 250 chilometri a quasi 45 e mezzo di media, piombammo al traguardo un'ora e mezza prima del previsto, a Marsiglia allo sprint primo io e secondo Merckx, e il sindaco giunse a premiazioni già finite"


Quel maggio del '68 - Renato Laghi, l'uomo che non cadeva mai

"Nell'edizione di 50 anni fa pioveva sempre, ma nonostante tutta quell'acqua, non caddi mai, né in quel Giro né negli altri 11. La verità è che per stare alla larga dei guai prendevo un sacco di aria..."

di MARCO PASTONESI 

Renato Laghi s'innamorò della bicicletta, del ciclismo e della vita a cinque anni: andò a vedere il Giro di Romagna, si mise sul bordo della strada, c'era un uomo solo al comando ed era Fausto Coppi, per il secondo corridore dovette aspettare cinque minuti. "Il Giro d'Italia del 1968 fu il primo dei miei 12, il più bello, perché in salita stavo sempre con i migliori e i giornalisti mi giudicarono la rivelazione fra i giovani. Avevo 23 anni, ero magro come un chiodo, correvo per la Germanvox, gregario per Vito Taccone, abruzzese, e Ole Ritter, danese. La corsa era gestita da due squadroni, la Faema di Merckx e la Salvarani di Gimondi, le altre squadre cercavano giornate di gloria. Si corse sempre sotto la pioggia: se si cominciava con il sole, si finiva con un temporale, e se si cominciava con un temporale, a volte si finiva con il sole. Siccome ci andai con una bronchite e il catarro, mi curavo con l'aerosol e la bici. E nonostante tutta quell'acqua, non caddi mai, né in quel Giro né negli altri 11, la verità è che per stare alla larga dei guai prendevo un sacco di aria. Il direttore sportivo era Italo Mazzacurati, che era stato un campione, ma fra i gregari, e amava divertirsi. Alla sua maniera. Un giorno non resistette alla tentazione: davanti a un muro di folla, fermò l'ammiraglia, prese una bicicletta, ci saltò su e pedalò contro gli spettatori per farsi largo e mettergli paura, gli spettatori si scansarono e lui centrò uno spartitraffico. Lo ritrovammo al traguardo ferito alla faccia, con un asciugamano insanguinato fra le mani".

Il '68 era un anno da "Processo alla tappa": "Taccone aveva il monopolio, bastava lui a rappresentare tutta la squadra, però io avevo un alleato in Guerrino Farolfi, mio compaesano, che era stato corridore ed era il braccio destro di Adriano De Zan, e mi citava ogni volta che poteva, 'il faentino Laghi', e a casa erano tutti contenti. Taccone aveva due facce, una buona e l'altra cattiva, da una parte era simpatico e dall'altra vendicativo, da una parte egoista e dall'altra generoso, quando eravamo in ritiro nella foresteria del Velodromo olimpico a Roma mi disse di andare - in bici - a casa sua, ad Avezzano, 140 chilometri, ci fermammo a mangiare e a dormire, e il giorno dopo ritornammo in ritiro".

Il '68 era un anno da Vincenzo Torriani, il patron del Giro: "Era deciso e geniale, ma anche tirannico e irascibile". Il '68 era un anno da figurine Panini: "A 50 anni di distanza sono andato a cercare la mia su eBay, il prezzo base è di tre euro e mezzo, non pensavo di valere così poco". Il '68 era un anno di grandi giornalisti: "Luigi Chierici, Ermanno Mioli e Dino Ronchi per 'Stadio', Gianni Mura era alla 'Gazzetta dello Sport' e veniva sempre in caccia di notizie, e della 'Gazzetta' era anche Luigi Gianoli, che veniva a intervistarmi quando facevo il bagno o i massaggi". Il '68 fu anche l'anno delle Tre Cime di Lavaredo: "Ero nella fuga iniziale, fui ripreso a 2 chilometri dal traguardo prima da Merckx e poi da Adorni, sotto la neve e sul ghiaino spingevo - faticosamente - il 44 davanti e il 25 dietro, all'arrivo fui avvolto in una coperta militare dagli alpini".

Il '68 era anche il '68 delle lotte sociali: "Il ciclismo stava fuori dalla società. Noi, in squadra, parlavamo romagnolo e pedalavamo oppure giocavamo a carte. Guadagnavo 80mila lire al mese, un operaio 60mila, ma anche se io per 10 mesi e l'operaio per 12, guadagnavo sempre di più io, e con la vita che facevamo quello mi sembrava un grande privilegio"


Quel maggio del '68 - Bocci, il sindacalista che guidò la 'rivolta dei gregari'

Era considerato il sessantottino del gruppo: "Negli ingaggi per i circuiti, ai campioni come Gimondi e Adorni fino a un milione a riunione, ai gregari come me 25mila lire. Troppa differenza". E il rimpianto per una tappa di cinquanta anni fa sfumata per una furbata

di MARCO PASTONESI

Eraldo Bocci era considerato il sindacalista, forse il rivoluzionario e, in quell'anno, il sessantottino. Il "Corriere dello sport" attribuì a lui "la rivolta dei gregari". Spiega: "Si faticava tanto, si guadagnava poco. Anche negli ingaggi per i circuiti. Ai campioni come Gimondi e Adorni fino a un milione a riunione, ai gregari come me 25mila lire. Troppa differenza. Se esistevano i capitani, era perché esistevano anche i gregari. Non era giusto".
Tutto cominciò con una radio: "Quella del Cral, Circolo ricreativo aziendale lavoratori. Era l'unica radio del paese, l'unica pubblica, l'unica per tutti. Lì, in un silenzio religioso, si ascoltava la radiocronaca della tappa del Giro d'Italia. Era la fine degli anni Quaranta, l'inizio degli anni Cinquanta. Era il tempo di Bartali e Coppi, poi di Magni e Fornara. Arlena di Castro, un centinaio di chilometri da Roma, ma al confine con la Toscana, era bartaliana. E bartaliano diventai anch'io. Invece mio padre teneva a tutti, a Bartali, a Coppi, al ciclismo".

Tutto esplose con una bicicletta: "Una Legnano, da corsa, regalo di mio padre. Avevo 16 anni. La nostra famiglia era di origini contadine, poi mio padre aprì un bar, e lì ci lavorò anche mia madre. Eravamo due fratelli e due sorelle, io il numero 2. Studiai fino alla terza media, avrei ricominciato più tardi, arrivai fino alla quarta ragioneria, venni bocciato alla maturità, e non ci riprovai più. Ormai c'era il ciclismo. Per quelli del Centro e del Sud, era molto più dura: bisognava andare più forte di quelli del Nord per dimostrare di non essere raccomandati o lavativi. Ce la feci. Quattro anni da professionista, dal 1967 al 1970, con Germanvox e Ferretti, tre Giri d'Italia e un Tour de France, passista veloce, nelle giornate buone mi difendevo anche in salita, doti da fondista, poco spazio nelle corse a tappe, di più in quelle in linea".

Tutto si fece strada a forza di pedali: "Quando aiutavo i capitani, da Taccone a Ritter, ero più di un gregario, ero un gregario di lusso, un luogotenente. Siccome non c'erano le telecamere mobili, ma solo quelle fisse, in salita i capitani si attaccavano ai pantaloncini dei gregari, era uno spettacolo triste. Siccome non c'erano i rifornimenti volanti, ci si tuffava nelle fontane, si assaltavano i bar, si rubavano le bibite, si urlava 'paga il padrone del Giro', e quante volte venivamo presi a scopate in testa dai baristi. E siccome eravamo corridori, si cercava anche di vincere. Ho vinto un'eliminazione in un tipo-pista a Terni e una velocità al Velodromo olimpico tra i corridori laziali. Ho fatto secondo a una Milano-Vignola e a un Giro del Lazio dietro a Gimondi".

Tutto sembra concentrarsi su un rimpianto: "Giro d'Italia del 1968, ventesima tappa, Roma-Rocca di Cambio, 215 chilometri. Traguardo volante a Rieti: 100mila lire in palio. Siccome Adorni e Taccone, il mio capitano, hanno litigato, ogni volta che uno di noi va in fuga, un corridore di Adorni viene a prenderci. Allora vado da Armani e gli chiedo il permesso. Scappiamo in tre: io, lo spagnolo Santamarina e lo svizzero Brand. Vinco la volata e, come d'accordo, io e Brand ci fermiamo, Santamarina no. Due volte gli vado sotto e gli ricordo che avremmo dovuto fermarci, quasi lo strattono, poi lo abbandono. Noi veniamo ripresi dal gruppo, Santamarina prosegue, guadagna fino a 10 minuti di vantaggio, quando il gruppo lo insegue è ormai troppo tardi, e vince con più di 6 minuti. Se avessi fatto il furbo, gli sarei rimasto a ruota e in volata lo avrei battuto. Pazienza, si vede che era destino".

Tutto finì in un taxi: "Smesso di correre, accettai la proposta di uno zio, tassista a Roma. Trentacinque anni di servizio. Portai Alberto Sordi e Vittorio Gassman, tre o quattro volte Marcello Mastroianni. Una volta salì sul mio taxi anche Gimondi. E due volte, attraverso altri tassisti, mi giunsero i saluti di Alfredo Martini, che era stato il mio direttore sportivo alla Ferretti e durante il Tour. Poi tornai al paesello. Ho la casetta, ho l'orticello, ho figli e nipoti, e ho una bicicletta. Due-tre orette il martedì e il giovedì, con Trapè, Sgarbozza e gli amici del gruppo ciclistico, più la domenica. Con le dovute cautele. Le salite, quando si può, le evitiamo: bastano e avanzano quelle fatte in gioventù".


Quel maggio del '68 - Mario Mancini: "Dopo le Tre Cime di Lavaredo rimasi congelato 5 mesi..."

Marchigiano, c'era anche lui nella tappa più dura del Giro di 50 anni fa: "Fui caricato su una macchina, portato in un albergo e immerso in una vasca piena di acqua calda. Ma a novembre avevo ancora le punte delle dita che mi pizzicavano"

di MARCO PASTONESI 

ROMA - Cinquant'anni fa c'era anche lui su una bici, con il dorsale, al pronti-via da Campione d'Italia e poi all'arrivo a Napoli, per 3917 chilometri, in tv e sui giornali: Mario Mancini, della Kelvinator, sessantunesimo nella classifica finale, con un ritardo di due ore, 25 minuti e 21 secondi dal primo, Eddy Merckx, ma con un vantaggio di un'ora, 18 minuti e 37 secondi sul novantesimo e ultimo, Giuseppe Poli.

Chilometro zero: "Marchigiano di Potenza Picena. Famiglia contadina. Mio padre era un coltivatore diretto. Si faceva un po' di tutto, innanzitutto per la famiglia, e se avanzava qualcosa, si vendeva. Nato il 25 dicembre del '43: una fregatura doppia, la prima perché successe sotto i bombardamenti, fra casa e rifugi antiaerei, la seconda perché i regali di Natale erano anche quelli del compleanno, e quelli del compleanno erano anche quelli di Natale. Una sorella, due fratelli, io il terzo dei quattro. In seconda media ho smesso di studiare e cominciato a lavorare, meccanico".

Traguardo volante: "In casa si respirava ciclismo, mio padre correva, era bartaliano, e quando c'era il Giro d'Italia mi mandava ogni mattina a comperare 'Stadio', l'edicola stava a un chilometro, avevo cinque o sei anni, andavo e tornavo a piedi. La prima bici era quella della mamma, una bici da donna, 15 chili, con quella andai a vedere il Giro d'Italia, sull'Adriatica, discesa al'andata ma salita al ritorno, avevo 8-9 anni, i miei amici 4-5 più di me, poi ero così stanco che passai due giorni a letto con la febbre. La prima bici, mia, a 13 anni, arrangiata, un pezzo qua e un pezzo là. La mia prima corsa da esordiente, a 15 anni, su una bici della società, io ero piccolino e la bici, anche se con la sella bassa, era comunque alta, finché alla fine della stagione ne ereditai un'altra da un dilettante, e con quella volavo".

Fuga: "Da dilettante correvo in Toscana, nel 1966 diventai campione toscano, vinsi anche il Giro del Casentino e la Firenze-Viareggio, fui convocato in azzurro per la Praga-Versavia-Berlino ma la squadra non mi lasciò andare. Il passaggio al professionismo fu supermeritato. Ma il primo anno, alla Germanvox, non ingranai la marcia. Invece il secondo, alla Kelvinator, andò meglio. Al Giro ero con Lievore, Benfatto, Negro... In un filmato delle Tre Cime di Lavaredo mi sono riconosciuto, dietro una moto della polizia, sotto la neve, congelato, dopo la tappa fui caricato su una macchina, portato in un albergo a Cortina d'Ampezzo e immerso in una vasca piena di acqua calda, eppure cinque mesi dopo, a novembre, avevo ancora le punte delle dita che mi pizzicavano".

Controfuga: "Dopo il Giro d'Italia vinsi un circuito, a Figline Valdarno, in notturna. Fu un errore: non avrei dovuto vincere, quella vittoria mi costò caro, c'era anche Mealli che era l'idolo locale, così non venni più invitato ai circuiti, e i circuiti prevedevano guadagni. Però quell'errore mi servì per non commetterne altri nella vita normale".

Traguardo: "Smisi di correre alla fine del 1968 anche se le due ultime corse andai forte, quattordicesimo alla Coppa Agostoni, con tutti i migliori, e diciottesimo al Giro di Lombardia, ottavo degli italiani. Il '68 lo avevamo vissuto di lato, noi pensavamo di più a correre in bicicletta. Andai a lavorare, prima in un frutta & verdura, poi in una fabbrichetta di plastica. Nel tempo libero continuai a pedalare e a gareggiare, e finalmente imparai anche a correre: fino a quel momento non sapevo limare le ruote, così non riuscivo a stare in gruppo, prendevo sempre un sacco di aria e vento. E adesso, da nonno, con cinque nipotini, tutti maschi, in bici ci vado ancora".


Quel maggio del '68 - Vittorio Adorni, l'unico che poteva dare ordini a Merckx

Il fuoriclasse emiliano, campione del mondo a Imola proprio 50 anni fa, racconta quando il Cannibale gli diede retta ed andò a stravincere il Giro alla Tre Cime di Lavaredo

di MARCO PASTONESI

Merckx lo chiamava "il Professore". "Perché avevo otto anni più di lui, perché ne avevo altri quattro di professionismo più di lui, perché parlavo l'italiano meglio di lui, e perché il direttore sportivo, Vincenzo Giacotto, aveva dichiarato che tutte le decisioni sarebbero state prese insieme a me. E siccome al Giro d'Italia dormivano nella stessa camera, Eddy sapeva che non lo avrei mai perso di vista".

Vittorio Adorni era "il Professore". "Avevo trent'anni. Avevo un ruolo da capitano in una nuova squadra, la Faema, minacciato proprio da quel nuovo compagno, Merckx. Avevo già una vittoria al Giro d'Italia, due al Giro di Romandia e una al Giro del Belgio, e tra compagni (Merckx) e avversari (Gimondi) non so quanto avrei potuto vincere ancora. Avevo anche voglia di fare altro: in tv avevo debuttato al 'Processo alla tappa', Sergio Zavoli mi aveva voluto ospite quasi fisso accanto a lui, e c'era la possibilità di condurre un nuovo telequiz".

Ma prima c'era quel maggio del '68. "Il primo giorno Merckx conquistò tappa e maglia. In camera gli dissi che quella maglia rosa dovevamo perderla. Cosa?, mi fece, arrabbiatissimo. Se vuoi vincerla, gli spiegai, dobbiamo perderla. L'aveva stesa su una sedia, e la guardava incantato così come si ammira un capolavoro agli Uffizi o al Louvre. E aggiunsi che l'avremmo ripresa, definitivamente, alle Tre Cime di Lavaredo. Anche se a fatica, lo convinsi. E lo convinsi anche ad attaccare solo dopo aver ricevuto un mio segno di consenso. E andò proprio così: Dancelli prese la maglia rosa e la tenne fino al giorno delle Tre Cime. Lì andò via una fuga, con dei buoni corridori, e con un vantaggio che arrivò a una decina di minuti. Merckx scalpitava: non ti preoccupare, gli dissi. Ma sul Passo di Sant'Osvaldo Merckx non resistette più e scattò. Andai da Marino Vigna, il nostro direttore sportivo, e lo pregai di fermare Merckx. Impossibile, mi rispose. Bisogna fermarlo, lo implorai, a tutti i costi. Vigna andò da Merckx e gli ordinò di fermarsi. Invano. Glielo ripeté finché Merckx gli disse va bene, ma come? Vigna trovò la soluzione: fa finta di avere forato. Così Merckx si portò sul bordo della strada e cominciò ad armeggiare con la ruota fino al nostro arrivo, qui rientrò nel gruppo, mi si avvicinò, cercò il mio sguardo e se avesse potuto fulminarmi, lo avrebbe fatto. Tranquillo, gli dissi, non è ancora il momento. Il momento arrivò dopo Auronzo verso Cortina: Vandenbossche, che era un bel cammello, attaccò un ritmo allegro veloce, dietro di lui Merckx, Gimondi, Zilioli e io, e il gruppo si frazionò. Ogni 500 metri Eddy si girava e mi guardava, ma io scuotevo la testa. Quando vidi che erano tutti cotti, finalmente feci cenno di sì, e Eddy scattò.

Gimondi fece uno sforzo terribile per riportarsi sotto di lui. Eddy rifiatò, poi mi guardò, gli feci un altro cenno di sì, e lui rifilò un secondo colpo. Gimondi cedette. Piano piano tornai sotto Merckx all'inizio del Passo Tre Croci. Prima di Misurina, gli dissi vai. E lui andò. Tappa, maglia e Giro. In sala-stampa Eddy mi sorrise. In camera, mentre facevo il bagno, mi chiese come avessi fatto a capire il momento giusto. Lo capirai, gli dissi, quando avrai la mia età. La gente non me lo perdonò: alla fine di quel Giro, a Napoli, fui fischiato per aver aiutato uno straniero a vincere. Mi rifeci qualche mese più tardi: campione del mondo a Imola".
Che anno, il '68. "Le lotte degli operai e le manifestazioni degli studenti, gli striscioni sui cancelli delle fabbriche e i cartelli fra la gente nelle piazze. Anche nello sport tirava un'altra aria: Merckx che conquistò il Giro al suo esordio, l'Italia che vinse gli Europei di calcio, poi le Olimpiadi di Città del Messico con Tommy Smith e John Carlos con il pugno chiuso sul podio dei 200 metri". Intanto anche Adorni aveva fatto la sua piccola rivoluzione, cedendo alle lusinghe del telequiz: si intitolava "Ciao mamma".


Giro giro Tondo, teatrini di carta dedicati alla bicicletta

https://www.youtube.com/watch?v=7bVIRTEmVtI

GIRO GIRO TONDO

Opere di Fernanda Pessolano

Testi di Marco Pastonesi e Attilio Scarpellini

 “Giro giro Tondo”, una mostra di teatrini e installazioni, idee e intuizioni, cartamodelli e giocattoli, libri e dischi, slanci artistici e schede poetiche, materiali riciclati e molto altro dedicate al ciclismo e alla storia del Giro d’Italia

Fra la prima e la centesima volta, il Giro d’Italia è sconfinato dallo sport per diventare anche cinema e arte, giornalismo e letteratura, solidarietà e scienza, e sempre di più cultura della bicicletta. Una testimonianza viva, una esplorazione reale, una conoscenza fisica, in presa diretta. Una divina commedia umana. Come sospirava Alfonso Gatto: “Il Giro è una meravigliosa corsa umana. Il suo traguardo è la felicità”. Come confidava Anna Maria Ortese: “E’ che quel maggio fu il più straordinario, il più affascinante, e anche il primo e l’ultimo maggio d’infanzia. Perché chiunque parta col Giro diventa, per un mese, bambino”. Come scopriva Gian Luca Favetto: “E’ come un ritorno. Sempre. Anche la prima volta. Andare al Giro, seguirlo aggrappati alle sue strade, alle fughe, alle volate, alle sue meraviglie, è sempre un ritornare”. Come si domandava, e si rispondeva, Dino Buzzati: “Serve dunque una faccenda stramba e assurda come il Giro d’Italia in bicicletta? Certo che serve: è una delle ultime città della fantasia, un caposaldo del romanticismo, assediato dalle squallide forze del progresso, e che rifiuta di arrendersi”. Come spiegava Alessandro Baricco: “Andare a vedere il ciclismo è una cosa che se ci pensi non ci credi. Stai sul

bordo una strada, aspetti, aspetti, poi a un certo punto arrivano, come una sventagliata colorata, i ciclisti, e ti strisciano negli occhi”. (Marco Pastonesi)

La Biblioteca della Bicicletta Lucos Cozza con sede a Roma in collaborazione con l’artista Fernanda Pessolano per l'associazione Ti con Zero celebra il Giro d'Italia con "Giro giro Tondo", quinta edizione di “Libri nel Giro”, una mostra di teatri in miniatura, rielaborando modelli di carta e altri materiali per comporre scene, mondi e personaggi, piccoli gioielli fra artigianato d'arte e sperimentazioni architettoniche. I teatrini di carta saranno accompagnati dall'esposizione di libri d'autore sul Giro d'Italia e sui suoi protagonisti, che appartengono alla Biblioteca della Bicicletta Lucos Cozza, l'unica specializzata nel genere in tutta Europa, e da un abbecedario composto da aneddoti e curiosità a cura dello scrittore e giornalista Marco Pastones e riflessioni e citazioni sulla storia del teatrino di carta a cura di Attilio Scarpellini.

La mostra è corredata da libri, un abbecedario di 100 schede, pannelli esplicativi sulla storia del Giro d’Italia.

Nella mostra Giro giro tondo. Teatri di carta, diorami, marionette e boccascena dedicati al Giro d’Italia, diventa protagonista l’arte della ricostruzione dei teatrini, filtrata nel gioco immaginario della memoria popolare. L’artista Fernanda Pessolano rielabora modelli di carta e di altri materiali per comporre scene e mondi e personaggi che muovono la fantasia, spostano la percezione, raccontano, grazie a piccoli gioielli fra artigianato d’arte e sperimentazioni architettoniche, l’azzardo della miniatura teatrale e delle sue inconsuete tradizioni. La mostra, accompagnata dal racconto testuale di Attilio Scarpellini,

Scrive Attilio Scarpellini: «Ei blot til lyst. Not for pleasure alone. Così si leggeva sul teatro giocattolo su cui si aprivano le prime immagini del film di Ingmar Bergman Fanny e Alexander. E cioè: non solo per divertimento, non solo per gioco. Anche il “vero” teatro, del resto, si fa sempre per gioco ma sul serio, con la serietà dei bambini quando giocano. Fernanda Pessolano ricrea i piccoli mondi dei theatre toys inglesi, dei guignol francesi, dei teatrini di ombre, dei diorami, un’intera immagineria nata ai confini, mai del tutto segnati, tra il giocattolo, l’universo dell’illustrazione popolare e l’editoria. Tra rifacimenti di cartamodelli ottocenteschi e invenzioni plastiche ispirate al teatro futurista, tra miniature di intérieurs e città ridisegnate come teatri, si riaffacciano le maschere eterne della commedia dell’arte italiana: gli zanni, gli Arlecchini, gli innamorati che presto si trasferiranno, sotto altri nomi, sui palcoscenici francesi, russi, britannici. Una mostra che è a sua volta un gioco: quello della ricostruzione artigianale che, assieme alla carta, utilizza i materiali più disparati – stoffa, passamanerie, fili di lana, bottoni, legno – per risvegliare dal sonno del tempo un mondo che merita di non essere perduto per lo sguardo dell’infanzia di oggi».

Fra le opere elaborate dalla Pessolano per “Giro giro Tondo”, “Vittorio Emanuele III”,  un cartamodello cubista tridimensionale in pile, cotone, passamaneria, cordoncino e frange del XIX secolo, dedicato a Vittorio Emanuele III. L’ultimo re d’Italia preferiva la numismatica alla sport, ma il suo ruolo lo avvicinava alle competizioni e ai campioni. Il 28 luglio 1895, quando era ancora Principe di Piemonte, inaugurò il velodromo di Ripa d’Arno a Pisa; nel 1902 al velodromo di Porta Salaria a Roma, per i primi Mondiali disputati in Italia, premiò il danese Thomas Ellegaard con un cronometro d’oro con la stemma reale in brillanti; il 27 ottobre 1938 elevò l’olimpionico della pista e seigiornista Franco Giorgetti a cavaliere della corona d’Italia; e durante gli anni del suo reame donò la Coppa del Re al vincitore di una gran fondo che si disputava tra Piemonte e Lombardia. Vittorio Emanuele III annunciò di voler abdicare (accadde il 9 maggio 1946) il 18 marzo 1946, il giorno prima della Milano-Sanremo vinta da Fausto Coppi.

Esposti oggetti, maglie, riviste, figurine, cartoline d’epoca.

dove siamo stati

Centro Orologio, Reggio Emilia, maggio 2022; I.C. Pablo Neruda di Roma, novembre 2021; Palazzo Borgasio, Feltre, aprile 2018; Museo delle Tradizioni Popolari di Roma, maggio 2018, Palazzo Foppoli, Tirano maggio 2017; Istituto di cultura italiano a Dublino, marzo 2017

Fernanda Pessolano, Artista e costumista per la danza contemporanea, si occupa di progetti culturali e di promozione della lettura per l’associazione culturale Ti con Zero. Ha fondato la Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza nel 2013 che promuove la cultura della bicicletta.

Da anni conduce una personale ricerca sulla storia dei teatrini di carta e con materiali diversi elabora piccole installazioni e antichi cartamodelli.


Libri nel Giro 2018 - Calendario generale dal 6 maggio al 16 giugno

 

Calendario generale dal 6 maggio al 16 giugno 2018 

ROMA

DAL 5 AL 9 GIUGNO – MUSEO DELLE ARTI E TRADIZIONI POPOLARI

Giro giro Tondo mostra di teatrini di carta dedicati al ciclismo, incontri e laboratori

 

DAL 6 MAGGIO AL 22 SETTEMBRE

Giro giro Tondo

Mostra di teatrini ispirati al ciclismo e alla bicicletta, opere di Fernanda Pessolano, con testi di Marco Pastonesi, scrittore e giornalista sportivo e Attilio Scarpellini, critico teatrale, corredata da un gioco-quiz sulla bicicletta e sul ciclismo

6 MAGGIO

Ore 11 e 17 - Narrazione performativa con teatrino in miniatura

Alfonsina e il circo

Storia dedicato ad Alfonsina Strada, la prima e unica donna che abbia mai partecipato (accadde nel 1924) al Giro d’Italia degli uomini, tratta dal libro Alfonsina e il circo, di Fernanda Pessolano, (Ediciclo editore)

Di e con Tamara Bartolini, attrice, Michele Baronio attore e musicista e Fernanda Pessolano, artista e operatore culturale

11 MAGGIO

Ore 15 – Laboratorio disabili

Alfonsina Strada

Storia dedicato ad Alfonsina Strada, la prima e unica donna che abbia mai partecipato (accadde nel 1924) al Giro d’Italia degli uomini.

Laboratorio di costruzione del teatrino di carta a soffietto a cura di Fernanda Pessolano

12 MAGGIO

Ore 17 - Laboratorio

Luigi Malabrocca e la maglia nera

Beati gli ultimi come messaggio cicloevangelico è il nostro motto. Perché gli ultimi sono gregari, perché gli ultimi stanno in bicicletta più di tutti, perché soffrono di più. Perché gli ultimi iniziando sono i primi cominciando dal basso.

Laboratorio di costruzione delle marionette di carta a cura di Fernanda Pessolano

20 MAGGIO

Ore 11 - Laboratorio

Il Giro d’Italia

Il Giro d’Italia non è solo una corsa – la Corsa Rosa del 2018 – di 3562,9 km in 21 tappe e 24 giorni per 176 corridori di 22 squadre. Il Giro d’Italia è una storia cominciata nel 1909, letteraria e poetica, teatrale e cinematografica, è una storia di storie, uomini e anche donne, campioni e soprattutto gregari.

Laboratorio di costruzione del diorama di carta a cura di Fernanda Pessolano

23 MAGGIO

Ore 11 – Reading

Beati gli ultimi.

Da Piscaglia a Uliana, da Marcaletti a Rubagotti, da Lievore a Gualazzini, passando per Perna e Benzo, perfino per Zandegù e Bugno: storie di maglie nere, lanterne rosse e fanalini di coda. Il ciclismo dalla parte degli ultimi.

Di e con Marco Pastonesi, scrittore e giornalista sportivo e Alessandro D’Alessandro all’organetto

27 MAGGIO

Ore 11 - Laboratorio

Bartali nel Giardino dei Giusti

Gino Bartali, pedalando in allenamento durante la Seconda Guerra Mondiale nascose nel manubrio della bicicletta documenti falsi, salvando centinaia di ebrei. Ora è nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme.

Laboratorio di costruzione del Teatrino Guignol a cura di Fernanda Pessolano

9 giugno

Ore 17 – Narrazione performativa

Il re distratto, una storia di bici e di pace.

Un re sognatore e viaggiatore, un vero cicloturista. Invece di fare la guerra o partecipare con gli altri cavalieri ai tornei, preferiva girare il mondo in bicicletta.

Narrazione performativa di e con Elisabetta Pagnani, attrice

 

ROMA

DAL 7 AL 29 MAGGIO – BIBLIOTECHE DI ROMA

Aspettando il Giro. Incontri con lo sport, pedalate e laboratori

 

DAL 7 MAGGIO AL 15 MAGGIO – BIBLIOTECA CASA DEL PARCO

Orari della biblioteca - Mostra fotografica

24 Scatti Bike

Mostra fotografica della VII edizione del concorso internazionale dedicato alla bicicletta “L’Uomo e la Bicicletta” a cura di Aeneis 2000

 

10 MAGGIO- BIBLIOTECA CASA DEL PARCO 

Ore 9 e 11 – Laboratorio

Beati gli ultimi

Beati gli ultimi come messaggio cicloevangelico è il nostro motto. Perché gli ultimi sono gregari, perché gli ultimi stanno in bicicletta più di tutti, perché soffrono di più. Perché gli ultimi iniziando sono i primi cominciando dal basso.

Laboratorio di costruzione del teatrino di carta a cura di Fernanda Pessolano

18 MAGGIO – I.C. PARCO DELLA VITTORIA - SCUOLA MEDIA G. BELLI 

Ore 12 – Incontro con lo sport

Pulci, aironi, leoni e altri campioni

Vicente Trueba era “la Pulce dei Pirenei”: uno scalatore spagnolo, piccolo, leggero, imprendibile. Fausto Coppi era “l’Airone”: il più grande corridore di tutti i tempi. Fiorenzo Magni era “il Leone delle Fiandre”: tre vittorie consecutive nella corsa dei muri. Dai soprannomi un viaggio fra insetti, uccelli, mammiferi e…

Intervengono:, Umberto Pessolano, geologo e naturalista, e Marco Pastonesi, giornalista sportivo e scrittore

 

19 MAGGIO – BIBLIOTECA MANDELA / BIBLIOTECA TORTORA

Ore 9.30 – Pedalata letteraria

Giro delle mura aureliane, tra archeologia, geologia e il ciclismo.

Viaggiando tra i tufi, le lave e le incisioni fluviali negli ultimi 400 mila anni della storia geologica di Roma e i luoghi del ciclismo: Giro d’Italia e Gran premio della Liberazione, Luigi Ganna e Fausto Coppi, e tutti i campioni sotto l’Arco di Trionfo

Pedalano: Umberto Pessolano e Marco Pastonesi.

In collaborazione con VediRomaInBici

 

Partenza: Biblioteca Nelson Mandela

Arrivo: Biblioteca Enzo Tortora

Difficoltà: facile

Partecipazione: gratuita

Prenotazione e info: Biblioteche di riferimento

 

19 MAGGIO - MAGNALONGA- Città dell’altra economia e Villa Borghese

Ore 14 – Laboratori e letture

Cuor di pedalata 

Una pedalata speciale, una staffetta ideale e sentimentale tra sport e letteratura, tra bicicletta e libri. Campagna raccolta libri

Laboratori e letture con Fernanda Pessolano e Elisabetta Pagnani

22 MAGGIO –LICEO ENRIQUES DI OSTIA

Ore 9 – Incontro con lo sport

Scrivere di sport

La cronaca e lo spogliatoio, l’intervista e il racconto, la grammatica e il gergo, la storia e il romanzo, le fonti e la fantasia…

Intervengono:  Lorenzo Iervolino, scrittore, Felice Pulici, portiere della Lazio nell’anno dello scudetto 1974, letture di Patrizia Hartman da “Un giorno triste così felice – Socrates, viaggio nella vita di un rivoluzionario” (66thand2nd) e “Trentacinque secondi ancora - Tommie Smith e John Carlos: il sacrificio e la gloria” (66thand2nd) di Lorenzo Iervolino. Modera Marco Pastonesi

23 MAGGIO - LICEO SPORTIVO PACINOTTI ARCHIMEDE

Ore 10.30 – Incontro con lo sport

Roma sul ring

Il pugilato è un po' come il jazz: meglio è, meno gente lo apprezza. Il pugilato è dove tutti se la cavano bene, tranne i pugili. Il pugilato è un'erba che cresce solo nel giardino dei poveri. Il pugilato è l'unico sport che non è andato al college

Intervengono: Luigi Panella, giornalista sportivo, Giovanni De Carolis, ex campione del mondo supermedi, regista Roberto Palma, autore del film Boxe Capitale, Mauro Galvano, ex campione del mondo dei supermedi, letture di Patrizia Hartman da “Roma sul ring”, di Luigi Panella (Il punto di incontro)

24 MAGGIO – LICEO SPORTIVO PRIMO LEVI

Ore 9 - Incontro con lo sport

Lo sport pulito, doping, antidoping, morale, allenamenti

L’importanza dello sport per i ragazzi. Lo sport da un punto di vista fisico e morale. Come si diventa professionisti: da Pietro Mennea a Alex Schwazer. Le tentazioni del doping e come resistere nello sport pulito

Intervengono: Sandro Donati, maestro dello sport e allenatore, e Marco Pastonesi, giornalista sportivo e scrittore.  Letture di Gabriele Benedetti, attore, dal testo teatrale “28 Battiti” di Roberto Scarpetti

28 MAGGIO – BIBLIOTECA DELLA BICICLETTA / CASA DEL PARCO

Ore 9.30 - Pedalata

Cuor di pedalata.

Una pedalata speciale, una staffetta ideale e sentimentale tra sport e letteratura, tra bicicletta e libri. La pedalata si avvale delle “gambe” di bibliotecari volontari e ciclisti delle Biblioteche di Roma, che insieme agli utenti delle biblioteche, alla Colnago della Biblioteca della bicicletta e alle associazioni ciclistiche dilettantistiche del Coordinamento Roma Ciclabile (Ruotalibera Fiab, NaturAmici, VediRomaInBici UISP), porteranno 200 libri dedicati ai bambini in un istituto comprensivo per aprire una biblioteca scolastica

Partenza: Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza/ Casa del Parco

 

29 MAGGIO – ISTITUTO TECNICO / LICEO BLAISE PASCAL

Ore 9 – Incontro con lo sport

La stoccata vincente

La scherma è come giocare a scacchi, ma con una spada in mano. La scherma è freddezza, lucidità, velocità. La scherma è la disciplina mistica del vero cavaliere. E la maschera è una porta che si apre e si chiude su un'altra dimensione

Con Maurizio Nicita, giornalista sportivo, Stefano Pantano, tre volte campione del mondo nella spada (a squadre), poi direttore tecnico e commentatore tv, letture di Gabriele Benedetti, da “La stoccata vincente” (Spering&Kupfer)

 

 

 

 

 

 

 

 

DAL 5 AL 16 GIUGNO - GIRO D’ITALIA UNDER 23

BIBLIOTECHE DEI COMUNI DI TAPPE

Beati gli ultimi. Incontri e laboratori

6 GIUGNO – FORLÌ - BIBLIOTECA AURELIO SAFFI

ore 9 e 11  - Laboratorio

Le Maglie nera

Storie e curiosità su maglie nere e lanterne rosse. Canzoni e poesie sul Giro d’Italia animate e giocate sui tavolieri

Laboratorio di costruzione dei giochi da tavolo, a cura di Fernanda Pessolano

Scuola materna

                                

6 GIUGNO – FORLÌ – SALA RANDI, via delle Torri 13                               

Ore 18 – Incontro con lo sport

La sacra ruota: avventure e sventure, imprese e miracoli nel mondo del ciclismo

Ogni volta che comincia una corsa, un romanzo scrive se stesso: e la realtà è sempre più alta di qualsiasi fantasia.

Intervengono: Marco Pastonesi e Franco Magnani, ex ciclista professionista In collaborazione con Unione ciclistica Scat

 

7 GIUGNO – RICCIONE - BIBLIOTECA COMUNALE / GIARDINO DEL CENTRO DELLA PESA

ore 17- Laboratorio

La Maglia nera Malabrocca

Avventure e disavventure di Luigi Malabrocca, l’inventore della maglia nera. Canzoni e poesie illustrate e raccolte nei libri

Laboratorio di costruzione del libro, a cura di Fernanda Pessolano

Età consigliata: 5-10 anni

8 GIUGNO – NONANTOLA - BIBLIOTECA COMUNALE

ore 16.30 - Laboratorio

La Maglia rosa

Storie e poesie sul Giro d’Italia animate con marionette mobili

Laboratorio di costruzione di marionette di carta, a cura di Fernanda Pessolano

Età consigliata: 5-10 anni

 

ore 18 – Incontro con lo sport

Storie di corse e corridori: Giri e Tour, classiche e circuiti, fra Squali e Cannibali, scalatori e gregari

Il ciclismo era uno sport povero per poveri. Oggi è uno sport ricco solo per pochi, ma ricchissimo di emozioni e esperienze per tutti.

Intervengono: Marco Pastonesi e Silvano Riccò, ex ciclista professionista

 

12 GIUGNO - PERGINE VALSUGANA - BIBLIOTECA VALSUGANA

ore 16.30 - Laboratorio

Le Maglie nere

Storie e curiosità su maglie nere e lanterne rosse. Canzoni e poesie sul Giro d’Italia animate da marionette a cono gelato e teatrino Guignol

Laboratorio di costruzione di costruzione del teatrino di carta, a cura di Fernanda Pessolano

Età consigliata: 5-10 anni

 

 

 

15 GIUGNO - CONEGLIANO - BIBLIOTECA / PARCO MOZART

ore 16.30 - Laboratorio

La Maglia nera Malabrocca

Avventure e disavventure di Luigi Malabrocca, l’inventore della maglia nera, animate da marionette e teatrino a soffietto

Laboratorio di costruzione del teatrino di carta, a cura: Fernanda Pessolano

Età consigliata: 5-10 anni

 

15 GIUGNO - CONEGLIANO - LIBRERIA TRALERIGHE Corte delle rose 86

ore 18.30 – Incontro con lo sport

Beati gli ultimi maglie nere e lanterne rosse, sfide contro il tempo massimo e i camion-scopa

Ma chi ha detto che i primi sono i primi e gli ultimi sono gli ultimi? Ma chi ha detto che i primi sono i più forti e gli ultimi più scarsi? Certo non lo hanno detto gli ultimi. Intervengono: Marco Pastonesi e Mauro Da Dalto, ex ciclista professionista

 

 

 


LIBRI NEL GIRO 2018 V edizione

LIBRI NEL GIRO 2018 - V edizione

Dal 6 maggio al 16 giugno

Progetto di promozione della lettura e cultura della bicicletta

a cura di Ti con Zero e Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza

 

Il Giro d’Italia non è solo una corsa – la Corsa Rosa del 2018 – di 3562,9 km in 21 tappe e 24 giorni per 176 corridori di 22 squadre. Il Giro d’Italia è una storia cominciata nel 1909, letteraria e poetica, teatrale e cinematografica, è una storia di storie, uomini e anche donne, campioni e soprattutto gregari, è una mappa di salite e discese, è un’enciclopedia di fughe e inseguimenti, è una grammatica di bici e ruote.

“Libri nel Giro”, l’iniziativa organizzata dall’associazione Ti con Zero e dalla Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza, accompagna il Giro d’Italia per il quinto anno consecutivo con l’obiettivo di promuoverne la cultura e la lettura. Il calendario del 2018 si svolge principalmente a Roma (sede dell’arrivo finale del Giro d’Italia il 27 maggio), e comprende per tutto il mese di maggio: pedalate, incontri tra letteratura e sport nelle aule magne dei licei sportivi romani, teatrini di carta dedicati al ciclismo, reading, libri, laboratori, narrazioni performative con teatrino in miniatura.

La Biblioteca della Bicicletta Lucos Cozza, l'unica specializzata nel genere in tutta Europa, possiede 2000 libri e dal 2016 è stata accolta e sostenuta dalle Biblioteche di Roma nella sede di Casa del Parco.

“Aspettando il Giro” è il progetto sostenuto dalle Biblioteche di Roma e promuove tra le tante attività la prima edizione di “Cuor di pedalata” , (in programma lunedì 28 maggio: la biblioteca della bicicletta raccoglie e dona libri per l’infanzia alle scuole di periferia in collaborazione con il Coordinamento Roma ciclabile) e quattro incontri tra sport e letteratura dedicati ai ragazzi (con il maestro dello sport Sandro Donati, i giornalisti Luigi Panella e Maurizio Nicita, lo scrittore Lorenzo Iervolino, Portiere della Lazio nell’anno dello scudetto 1074 Felice Pulici, l’ex campione del mondo supermedi Giovanni De Carolis, tre volte campione del mondo nella spada (a squadre), poi direttore tecnico e commentatore tv Stefano Pantano, e con gli attori Patrizia Hartman e Gabriele Benedetti.

 

“Giro al museo” è il progetto sostenuto dal Museo delle Civiltà realizzato presso il Museo delle arti e tradizioni popolari di Roma, che dal 6 maggio accoglierà  una mostra di teatrini ispirati al ciclismo e alla bicicletta, opere di Fernanda Pessolano, con testi di Marco Pastonesi, scrittore e giornalista sportivo e Attilio Scarpellini, critico teatrale, corredata da laboratori per bambini, da un gioco-quiz sulla bicicletta e sul ciclismo, dalla narrazione performativa “Alfonsina e il circo” (Ediciclo) con un teatrino in miniatura di e con Tamara Bartolini e Michele Baronio dedicato ad Alfonsina Strada, la prima e unica donna che abbia mai partecipato (accadde nel 1924) al Giro d’Italia degli uomini, e da un reading con musica dal vivo dedicato agli ultimi in classifica, con Marco Pastonesi e Alessandro D’Alessandro, musicista.

Dal 6 al 16 giugno la Biblioteca della bicicletta Lucos Cozza si sposterà nelle biblioteche di tappa del Giro d’Italia under 23, con laboratori e incontri in librerie di Forlì, Riccione, Nonantola (Modena), Pergine Valsugana (Trento) e Conegliano (Treviso).

Partecipano

Tamara Bartolini, Michele Baronio, Gabriele Benedetti, Settimio Cecconi, Cordinamento Roma Ciclabile – Ruotalibera Fiab, NarturAmici, VediRomaInBici -, Alessandro D’Alessandro, Mauro Da Dalto, Giovanni De Carolis, Sandro Donati, Mauro Galvano, Patrizia Hartman, Lorenzo Iervolino, Maurizio Nicita, Franco Magnani, Maria Morhart, Elisabetta Pagnani, Roberto Palma, Luigi Panella, Stefano Pantano, Marco Pastonesi, Fernanda Pessolano, Umberto Pessolano, Felice Pulici, Ornella Ricci, Silvano Riccò, Attilio Scarpellini

 

Collaborazioni e patrocini

Centro per il libro e la lettura,  Il Maggio dei Libri,  repubblica.it, Museo delle Civiltà-Museo delle arti e tradizioni popolari, Biblioteche di Roma, Biblioteche dei comuni di tappa Giro d’Italia under 23 – Conegliano Veneto, Forlì, Nonantola, Pergine Valsugana, Riccione - , Giro d’Italia under 23, Federazione ciclistica italiana,  Regione Emilia Romagna, Regione Lazio, Regione Lombardia, Regione Trentino Alto Adige Regione Veneto, Coordinamento Roma Ciclabile – Ruota libera Fiab, VediRomaInBici, NaturAmici -.

 

 

“Aspettando il Giro”, voluto dalle Biblioteche di Roma e finanziato dalla Regione Lazio con la legge regionale 23 ottobre 2009, n. 26 - Avviso pubblico “La Cultura fa Sistema”

 

info

bibliotecadellabicicletta@gmail.com

FB biblioteca della bicicletta Lucos Cozza
http://www.museocivilta.beniculturali.it/

https://www.bibliotechediroma.it/opac/


LIBRI NEL GIRO 2018 V edizione

Progetto di promozione della lettura e cultura della bicicletta